domenica 10 aprile 2011

ONLY "SUD'S PEOPLE": BAR ESCLUSIVO O GHETTO OBBLIGATORIO?

Un mio amico ha preso in gestione un bar. Uno di quelli che, di solito, a pranzo sono pieni di impiegati. Avete presente lo stile "insalatone, piadine e piatti del giorno"? Di sera chiudeva presto, verso le 8. Così lui e un altro ragazzo si sono messi d'accordo con il proprietario. La notte ci pensano loro a tenerlo aperto. Durante il fine settimana, ora, il bar chiude alle 2, più o meno. Non è molto grande, ha un bel bancone e luci brillanti. Lui, il mio amico, è arrivato dal Sud qualche anno fa. Come tanti altri con i quali non ha mai perso i contatti. Una sera li incontrava in un locale, un'altra sera a casa di qualcuno, una sera al cinema. Insomma, li vedeva sempre. E allora, va da sè, che adesso il loro punto di ritrovo sia diventato il suo bar. Sempre pieno, chiassoso. Frequentato al 90 per cento da suoi compaesani. Un ghetto? Quasi. Ma a loro piace così e ci vanno, eccome, tutti i venerdì e pure i sabato. E se non vai? Eh, se non vai... Se non vai ti isoli, sei tu lo strano. Ma come? Io strano? E voi, che avete bisogno di un ritrovo esclusivo per sentirvi uniti? "Un posto in cui trovi sempre qualcuno che conosci" dicono. Ti senti meno solo, magari. In città grandi è importante, certo, ma con il passare delle settimane "almeno passarci" è diventato obbligatorio. E dal "farci un salto per un drink” al restarci fino alla chiusura è un attimo. La serata nasce e muore lì. Una volta, sì, è bello. La novità. La seconda, sì, è divertente. La terza, beh... Se da piacere diventa obbligo non va bene. Perché la sensazione di felicità nel reincontrare vecchi amici, anche loro lontani da casa e anche loro capaci di parlare lo stesso dialetto, fa presto a trasformarsi in dipendenza. Perché, allora, scappare da un paese se poi si fa di tutto per ricreare la stessa routine, la stessa comunità e, di conseguenza, la stessa chiusura? Perché, se dentro al bar la sensazione è familiare, quando si esce la malinconia può arrivare più forte del solito. Perché, se dentro al bar si dimenticano le mille cose che al Nord non vanno, quando si esce queste difficoltà sono più presenti di prima. Perché, se dentro al bar c'è solo aria di casa, quando si esce si torna a respirare a pieni polmoni. Entrereste mai in un locale così? Avreste la voglia e, anche, il coraggio di infilarvi in una realtà che non vi comprende? Sentirsi parte di un gruppo rende più forti, è ovvio. Ma chiudersi a riccio nello stesso gruppo rende deboli, con se stessi e con gli altri. Un errore che ha rovinato l’Italia, eternamente segata in due, e che oggi ripercorriamo con l’incapacità di gestire positivamente l’immigrazione. Libertà non vuol dire non avere regole, accoglienza non vuol dire lassismo. La parola chiave per l’integrazione è equilibrio. E capacità di aprire la porta a quel 10 per cento che, almeno per ora, trova ancora posto nel bar del mio amico.


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